Nella cittadina Gheorghe Gheorghiu-Dej si rendono ben presto conto di quanto sia speciale quella bambina. Si rendono conto di quale leggerezza, di quanta bontà, di quanto carattere già trasudi da quegli occhi già pieni di vita. Eppure Nadia Comaneci era tutto questo e tanto altro in divenire: la madre la chiamò così perché era il diminutivo russo di ‘Speranza’, e con speranza Nadia ha sempre preso la vita. Finché non ha saputo trasformare quei desideri in realtà.
La prima gara? Nel 1969, quando partecipò ai campionati rumeni piazzandosi al tredicesimo posto. Ecco: nell’anno seguente lo vinse addirittura, classificandosi come la più giovane ginnasta rumena ad aggiudicarsi il titolo. Due anni dopo arriva anche la prima gara internazionale: è a Lubiana, Romania contro Jugoslavia. Nadia concorre nel ‘generale individuale’ di categoria: anche qui vittoria netta. E a soli 11 anni.
L’OLIMPIADE CHE CAMBIÒ TUTTO
Era nato un fenomeno, una stella, una firma clamorosamente importante anche per la Romania. Tornata in Patria, infatti, Ceausescu la invitò spesso a palazzo: divenne ‘eroe del lavoro socialista rumeno’ e fu al centro della nuova e massiccia propaganda del dittatore. Come se non bastasse: fu costretta a diventare la compagna del terzogenito Nicu, un capitolo assurdo che ancora oggi resta orribilmente nel vuoto di un silenzio eloquente.
Agli Europei dell’anno successivo, la storia non cambia: vince tutto. Così come ai Mondiali del 1978, quando riesce ad aggiudicarsi l’oro alla trave e l’argento nel volteggio. Nel concorso generale a squadre, porta tutta la sua squadra sul gradino più alto del podio, mentre nel generale individuale scende per la prima volta dal podio: è un quarto posto che brucia.
LA RIPRESA
Dopo Mosca, Los Angeles: la successione è quella giusta. Non per la ginnasta, che decise di ritirarsi poco prima della ventitreesima edizione dei Giochi: erano anni complicati, nei quali provò ad allenare i giovani ginnasti rumeni, ma senza risultato. Il regime in Romania, l’impossibilità di staccare il suo volto da quello dei dittatori, la fame e la miseria che continuavano ad emergere in quelle terre: la situazione per Nadia fu foriera di una decisione fondamentale, quella di scappare.
LA FUGA
Poche settimane prima della Rivoluzione romena del 1989, Nadia Comaneci percorre sei ore di cammino attraversando il confine con l’Ungheria: lì l’attendeva Costantin Panait, un amico pronto ad aiutarla a fuggire via, negli Stati Uniti. Negli USA fu allora accolta come rifugiata politica e da quel momento la sua attenzione è sempre stata focalizzata sulla denuncia delle barbarie nel suo paese.
Centosessantadue centimetri, quarantacinque chili, un cuore e un coraggio enorme: si può essere grandi comunque, basta volerlo.
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